Tradizionale - Trascrizione A. G. Perugini

«Una fra le più note canzoni popolari romane che si vuol far risalire al secolo XVI per quel riferimento alle scorrerie dei turchi» ("Canzoniere della malavita romana. Stornelli, canzoni e storie", Nuovo Almanacco - Editoria Musicale e Libraria, Roma, 1995). In realtà pirati saraceni, chiamati a Roma "barbareschi". Nell'ambito della malavita romana veniva cantata dal "palo" per segnalare l'arrivo degli sbirri. La nostra esecuzione ricorda la modalità di comunicazione tra carcerati e familiari, così come si faceva fino a pochissimo tempo fa dal Gianicolo verso il carcere di Regina Coeli. Diversi i doppi sensi, come la frase sulle scarpe risuolate: "ho regolato i conti con chi ha fatto la spiata".

A tocchi, a tocchi,
la campana sona:
li turchi so' arivati a la marina
chi cià le scarpe rotte l'arisola,
le mie l'ho arisolate stamatina.

Come te posso amà?
Come te posso amà?
Si esco da 'sti cancelli
quarchiduno me l'ha da pagà.

Amore, amore, manname un saluto:
sto drento a San Michele(1) carcerato
me sento come n'arbero caduto,
da amichi e da parenti abbandonato.

Come te posso amà?
Come te posso amà?
Si esco da 'sti cancelli
quarchiduno me l'ha da pagà.

E si de' sfortunati stanno ar monno,
uno de quelli me posso chiamare
butto 'na paja(2) a mare e me va a fonno,
all'antri(3) vedo er ferro galleggiare.

Come te posso amà?
Come te posso amà?
Si esco da 'sti cancelli
quarchiduno me l'ha da pagà.

1. San Michele a Ripa Grande, ai romani noto soprattutto come Carcere Minorile, in attività fino al 1972
2. pagliuzza
3. agli altri